giovedì 24 gennaio 2008

Tra il buio e la luce scegliamo la luce (Giovanni Floris)

Ho acceso la tv per caso stasera, per farmi compagnia mentre mangiavo funghi crudi e formaggio dopo una bella corsa. “Poi vado a studiare”, mi dico, “recupero gli esercizi non fatti”. E invece m’imbatto in Ballarò Speciale: una puntata dedicata al libro scritto da Mario Calabresi, il figlio del commissario Calabresi, ucciso nel 1972 dai terroristi delle Brigate Rosse. In studio c’è lui, ma anche Marco Alessandrini e Benedetta Tobagi, anche loro orfani di padre: figlio di un magistrato l’uno (ucciso nel 1979), di un giornalista lei (1980).
Tutti molto preparati e motivati, conoscono i terroristi meglio dei terroristi stessi.
Il titolo del libro è “Spingendo la notte più in là”, una biografia del ricordo, ma anche una riflessione viscerale e approfondita sugli Anni di Piombo del terrorismo italiano, di cui Luca Zingaretti ha letto alcuni stralci. Bravo, si è commosso lui e mi sono commossa pure io. Un po’ perché, mentre recitava i brani di Mario Calabresi che rievocavano il padre e le emozioni a lui collegate, ha stimolato antiche sensazioni e flashback, rimasti silenti sotto la scorsa della “maturità” ma ancora molto vivi e pronti a uscire, infantili, primordiali; dall’altro lato perché mi sono sentita un po’ responsabile. Nella veste di “aspirante giornalista”, s’intende, e cioè di quello strano professionista dell’informazione che può agire (scrivere) spinto dalla passione e dal senso della missione, oppure dall’opportunismo e dal desiderio di controllo e potere.
Nel mio (e credo nel nostro) caso è la prima a prevaricare e incoraggiare, alla soglia dei trent’anni, a giocare a fare la giornalista per due anni, mentre la vita scorre e costa caro. Ma nel caso di tanti giornalisti che scrivevano in quegli anni sui giornali eversivi, esultando ad ogni morto sacrificato alla causa proletaria, si è trattato della seconda opzione. O forse di una terza: la stupidità, se per tale s’intende quella condizione in cui alcune persone, (due, cinque, cento), chiuse nel piccolo delle loro coscienze e delle loro vite “senza prospettive”, si convincono a vicenda di una realtà che non esiste, la alimentano e la diffondono come un’epidemia, esaltandosene a ogni conseguenza. Mi chiedo, allora, a che punto della storia siamo arrivati noi.
Buonanotte.
Susanna.

1 commento:

Anonimo ha detto...

E' quello che cerco di dire...sempre...in contesti non sempre condivisi, nei contenuti, dai miei colleghi: ogni pensiero estremo porta tragiche conseguenze...e la stupidità, a volte, non fa ridere, ma fa solo grandissimi danno! L'ho detto 1000 volte: il rispetto, la comprensione, l'analisi al di fuori piacciono le tue riflessioni! ma purtroppo, quella stupida pericolosità non è lontana dai nostri tempi e forse non lo sarà mai. Cercare la verità, che mai troveremo in terra nel senso più assoluto, e farlo senza tradire i miei valori, ma ponendomi all'ascolto svestendomi dei miei pregiudizi. Io così lo faccio il mio "lavoro" qualunque esso sia. Ti faccio un esempio: la corrida. Io amo gli animali e ho visto la corrida. Mi sono seduta e ho cancellato i miei pregiudizi. Ho osservato, mi sono lasciata andare...ho incontrato la diversità di una cultura...e me ne sono innamorata!

Nasty

P.s. E' come credere in Dio. Puoi non crederci e va benissimo, purchè tu, uomo, non creda tu di essere Dio in terra...e mi riferisco a quello che hai detto sulla stampa connivente con chi uccideva giustificandosi socialmente in nome di una libertà che tale non è! Ecco perchè i Calabresi, i Giuliani o chi vuoi tu (di qualunque colore, bandiera, appartenenza) saranno sempre...sempre troppi!